Confratenita dell' Immacolata

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Confratenita dell' Immacolata
PROEMIO LA STATUA I PRODIGI I MIRACOLI PRIORI

I MIRACOLI

 La tradizione radicata nel popolo da secoli ne racconta splendidi e senza numero. Per narrarli tutti, anche attraverso il pio entusiasmo di questo poetico popolo calabrese, ci vorrebbero volumi su volumi. Se ne narrano alcuni, i testimoni dei quali. persone probe e veritiere son vivi, e che dai loro genitori e da chi li han preceduti li han sentiti raccontare.

Questi che si espongono sono noti a tutti i paesani e a quelli dei paesi vicini. Bisogna porre per base la gran fede nei Curinghesi all'Immacolata, e la benigna condiscendenza di Lei verso i suoi devoti, ed e necessario tener presente che la catena dei continui prodigi e delle grazie segnalate non è stata mai interrotta dal giorno che , nei secoli remoti, la devozione alla Vergine Immacolata si stabilì fra di noi. 

IL SERPENTE NEL FRANTOIO :

 Durante l'invasione Francese, sotto il Regno di Giuseppe Bonaparte leggi e decreti eversivi avevano messo a soqquadro la Chiesa. Nei piccoli centri gli amanti del nuovo regime già infatti dalle idee repubblicane, rialzarne la testa e si dettero ad esternare una stupida contrarietà a quanto vi ha di Sacro mettendo in ridicolo le antiche credenze popolari

                Giacche in paese i frantoi di olive cessavano il lavoro per divozione alla Immacolata alla mezzanotte   dal 7 all'8 dicembre, alcuni di questi  spiritosi che si dicevano forti vollero indurre un tale, Frijia ,       lavorare      in un frantoio appartenente al Sig. Amato Serrao per beffeggiarsi della Festa dell'Immaco1ata. Protestò il buon Frijia,  ma           Invano lo costrinsero a lavorare insieme con    loro. Verso le due del mattino, terminata la molitura delle ulive, con risa beffarda si vantavano dal loro operato, dicendo                  che niun          male li aveva incolti. Ma mentre si apprestavano con, recipienti a vuotar la tina sotto il frantoio donde lo olio era colato, arretrarono stupefatti, gelati di orrore. Un nero ed                immane serpente     e di straordinaria lunghezza è arrotolato nella tina,  ma in parte si erige,           apre le fauci, caccia una bifade lingua, muove      gli occhi sfavillanti di sinistri bagliori, manda sibili di   inferno     ed è pronto a scagliarsi sui malcapitati, che      tremanti di spavento invocano a gran        voce la Vergine e nell'orrore della notte oscura, si           danno a precipitosa fuga finché non giungono in Paese alla Chiesa                dell'Immacolata, già gremita che mattinava, e con gesti   sospiri  e lacrime narrano lo spaventevole avvenimento. Fatto giorno alcuni animosi  corsero armati al frantoio:   nessuna traccia del serpente, solo un puzzo d'inferno e nella Tina  neppure  una goccia       di    olio né traccia alcuna di olive. 

Questo fatto è ben nel ricordo di Giuseppe Frijia di 93 anni a cui fu narrato dalla madre e dall'intero paese ai suoi verdi anni, ed ancora si narra da tutti con raccapriccio. 

LE LEGNA DI, CALDERAZZO

                    Lo stesso decrepito Giuseppe Frijia, e      la costante tradizione, narrano questo fatto. Un tal  Calderazzo il mattino dell'8 dicembre di circa 80 anni fà; se ne và col suo cavallo a legna nella contrada Malia, oggi di Proprietà degli eredi           di Amato Serrao.Visto un poderoso olivo, ne tronca un grosso ramo annoso, e con la scure lo spezza in tante parti per farne dei

fasci da porre sul cavallo. Mentre aveva preparata in terra la soma, si avvicinò al cavallo per caricarlo. Ma questo, dato uno sgambetto, gli esce di mano e si allontana. Calderazzo lo segue e dopo tanti stenti riesce a pigliarlo. Docile, la bestia si fa portare a cavezza presso l'ulivo. Ma, che stupore: la soma di legna era scomparsa. Calderazzo trasognato, poichè il luogo era deserto,di mattino, e se qualcuno avesse avuto intenzione rubarla, non l'avrebbe potuto per il peso e perchè avrebbe dovuto passare di necessità per il sentiero vicino a lui, alza gli occhi guardando : il ramo tagliato era ritornato al suo posto intatto: al loro posto erano le schegge , le foglie, i fuscelli. Si recò mortificato , narrare il accaduto con giuramento e l'olivo del prodigio per lungo tempo fu meta di curiosi e di devoti, 

IL MULINO CROLLATO

 I testimoni oculari viventi di questo fatto serio molti e inutile elencarli.Nella valle sottostante la Chiesa dell'Immacolata, a vista di essa, nel molino di proprietà del Principe Ruffo della Scaletta, il molitore Augruso Domenico, morto nel 1910, per spavalderia mise in moto il molino, la mattina del giorno 8 dicembre. I buoni paesani scandalizzati lo pregarono di cessare, ma egli cantarellando una sua nenia, faceva vedere di infischiarsene degli avvertimenti Senonchè, quando la Statua della Vergine Immacolata usci di Chiesa per la solenne processione del mattino, ed egli, che poteva vederla passare dal suo molino, si ostinava al lavoro, una forza portentosa lo spinse ad alcuni suoi amici, eiusdem furfuris, al di fuori di essa proprio quando la Benedetta Immagine transitava, tra gli osanna in alto di faccia al suo molino.Era ancora intontito dalla spinta ricevuta e guardava gli amici stupefatti, squarcio, con crollo  orribile cadde a terra l'edificio dinnanzi alla moltitudine che era in processione.

Repentinamente mutato raggiunge il Sacro corteo e in ginocchio innanzi alla Statua soffermata, si rese con lacrime abbondanti in colpa, narrando il prodigioso avvenimento.Anche l'acqua insieme al molino deviò e chi viene in Curinga può vedere i resti del mulino maledetto che nessuno pio cura di alzare.

 UNA FORZA  INSOLITA  IN  SORENTI  SEBASTIANO

 Il 1* febbraio 1910 il Signor Sebastiano Sorrenti, tuttora vegeto e sano, e ricco proprietario, si era recato nel fondo Cavuri. Un bue furibondo di un vicino massaro, si slanciò con impeto contro di lui. Si vide perduto. Ma nell'atto che la bestia inferocita dava il colpo di corna dir‑etto all'addome, il Sorrenti potè prendere il poderoso ruminante per le corna. La lotta era tremenda ed impari, il terreno sdrucciolevole. Dopo resistenza assai lunga, il Sorrenti cadde supino‑Il bue infieriva spaventosamente, ma egli si intese invaso da una forza insolita e straordinaria. Pur nella scomoda posizione riuscì a tener saldo il bue dalle corna per lungo tempo finchè per puro caso, venuto il padrone del bue ed altri, lo liberarono dalla bestia perversa. La forza che egli ebbe ha del prodigioso ed egli, come è certo, ascrive all'intercessione dell'Immacolata questa sua resistenza, tanto più che è un esemplare congregato ed era munito del suo abitino ceruleo e di varie Immagini di Leí. Il Signor Sorrenti giustamente ci dice; che spesso María, benchè nel terrore non invocata pensa Lei benigna e pia a salvarci. 

Bevilacqua Domenico

Bevilacqua Domenico, gran devoto della vergine Immacolata, durante la novena precedente la Festa dell'Immacolata, mentre un mattino si recava alle ore 3,1/2 alla Chiesa, fu fatto segno ad un colpo di  archibugio da un suo nemico. Al colpo egli invocò la Vergine,La palla gli sfiorò il capo senza lederlo mentre a detto di tutti e dello stesso nemico l'avrebbe dovuto fulminare perchè chi sparò aveva avuto la possibilità di sistemarsi in posizione comoda e sicura e di poter sparare quasi a bruciapelo. 

IL SERPENTE NEL CAMPO

 Tra le due Confraternite del paese, quella del Carmine e dell'Immacolata, non corrono buoni rapporti per emulazione di feste.

Il giorno dell'immacolata di parecchi anni fa il Sig. Michienzi Sebastiano, tuttora vivente e fervente Carmelitana, per non presenziare alla Festa dell'altra Confraternita, emula secondo lui della sua, si reca in un suo tondo. Benchè festa precettiva egli si mise a lavorare, quand'ecco sbucare non si sà da dove un rettile immane e spaventoso che mise in fuga il malcapitato. Gíunto in paese egli si rese in colpa dinanzi la Statua dell'Immacolata in onor della quale fece celebrare ci poi una messa solenne di ringraziamento. 

ED ANCORA IL SERPENTE 

Oltre la festa solenne del giorno 8 dicembre, 1a Confraternita ne celebra, come si disse un'altra di devozione, la terza domenica di ottobre. Anche in questa occasione la devozione popolare si manifesta con atti di ossequio deferente come per il giorno 8 dicembre‑Si sospendono per le più i lavori al tramonto del sabato innanzi per recarsi di Vespri della Madonna‑

Pochi anni or sono avvenne che un tale Lo Russo Nicola fu Carlo, detto Giuditto, attendeva in contrada Umbri al raccolto dei fagioli nel sabato innanzi la terza domenica di ottobre. Erano con luì a lavoro Salatino Giovanna fu Giuseppe, Teresa Brizzi, Vincenza, Persano Carmela Mazza tutti ancora viventi e in buona salute, e i fratelli Giovanni e   Saverio Gullo, attualmente  ricchi commercianti in America. Verso il tramonto costoro, persone tutte degne di fede,         anzi disposte ad affermar  e il fatto con giuramento, pregarono il Lo Russo di       smettere il  lavoro perchè essendo di già incominciata la solennità votiva dell'Immacolta          intendevano recarsi alla Chiesa e perchè non si avesse la sgradita visita del famigerato serpente, che, come è certo         e si narra da secoli , apparisce a         coloro che   trascurano   per     una causa qualunque l'ossequio dovuto alla Vergine Immacolata nelle sue feste.

Tanto è radicata nel popolo la verità dell'avvenimento e succede tanto spesso, che è sulla bocca di tutti         la visita della brutta bestia.

Ma il Lu Risso a cui premevano i suoi figlioli neri volle acconsentire e si rideva della fede dei suoi compagni di lavoro, quando dinanzi a lui, in  aperto campo, ecco drizzarsi un orrendo serpente e a bocca aperta, tentando scagliarsi contro di lui. Fu un. urlo e spavento generale. Alle grida decorsero lavoratori del campo vicino che erano in procinto di tornare in paese e videro raccapricciando l' immane bestia, che alle invocazioni della Vergine e al canto delle Litanie spari. Rimane un pozzo che poi si perdette nell'aria.

Il Lo Russo e gli altri corsero perdono alla Vergine ringraziandola dello promettendo costante devozione, che poi testimoni dunque sono tutti vivi e in buon tal fatta e di tal forma non si trova ne in Africa né nelle Indie e nelle foreste d'America, ne alcuna zoologia potrà mai classificarlo: è necessario ritornare col pensiero all'Eden, 

E IL SERPENTE RITORNA

 In una notte del dal 7 all'8 dicembre, nel frantoio della Nobile Famiglia "X"... si continuò oltre la mezzanotte il lavoro per disbrigare una molitura di olive. Ma quando si fu al termine e si andò a raccogliete l'olio nella tina, l'olio era sparito,In un angolo oscuro del trappeto si udì lo strisciamento di un'enorme massa carnosa ed un sibilo acuto: il serpente si avanzava. I malcapitati allibiti e molti testimoni viventi sono pronti ad attestare la paurosa apparizione.

 NEL TRAPPETO DI PIRO PIETRO G.

 Non molti anni or sono Piro Pietro ritiene che motivi di urgenza gli consigliassero di lavorare nel trappeto anche l’8 Dicembre. Recatosi però dove la sera aveva preparato l’occorrente , trovo la grossa vite del torchio ripiegata sul ceppo. Neppure diversi fabbri avrebbero potuto in una sola

notte fare       tanto‑ Attonito chiuse il trappeto e si recò alla Chiesa dell'Immacolata narrando a tutti il prodigio, constatato dall'intero paese‑Esso vive ancora e attesta col figlio G. Antonio questo fatto.

DOPO IL SERPENTE L’AGNELLO

 Nel 1873 la vivente Maddalena Sgromo fu Sebastiano, essendo allora ancora nubile vide suo fratello Vincenzo ridotto in fin di vita per vaiolo nero . Abbandonato dai medici, ricevuti i Sacramenti, il meschino era sul punto di spirare quando l'affettuosa sorella si tolse dallo spettacolo miserando e piena di fede, di notte tempo corse di filata alla Chiesa della Vergine Immacolata. Tolse a forza una tavola della sconnessa porta ed entrò.La lampada del Santissimo luceva diradando le tenebre. Si inginocchiò poco discosta dall'Altare e fervidamente pregò la vergine perchè ridonasse la salute al fratello . Era nel fervore della preghiera quando dall'Altare le si appressò un vezzoso agnellino di manto bianco ‑ nero e cominciò a saltellarle d'intorno‑Attonita e spaventata fugge a precipizio  tanto è l'impeto della corsa che giunta all'uscio percuote con un ginocchio la porta escoriandoselo e cadendo. All'urto dell'uscio e al grido della meschina aprono i

parenti che erano dentro: la casa era piena di essi e di vicini giulivi.Il fratello lasciato agonizzante era perfettamente guarito. Egli vive ancora florido e sano all'età di 72 anni.

 LA PIOGGIA BENEFICA

 Or fan dieci annI circa, nel luglio, una terribile siccita desolava il paese:  tutto era riarso e una latente epidemia cominciava a serpeggiare tra il bestiame: Dopo aver invano chiesto aiuto al Cielo, la pia Congrega, decise perchè il popolo cosi reclamava, di portare in processione il prodigioso Símulacro dell'Immacolata. Il cielo sembrava di piombo infuocato. Ma NON APPENA LA Statua è apparsa sulla soglia della porta, ecco una improvvisa e derisa nuvolaglia copre il Cielo: un vento gelido viene dalle foreste e una pioggia torrenziale si riversa con tanto impeto che a mala pena il popolo si potè rifugiare nella Chiesa e nelle case, mentre dinanzi alla Vergine mai come allora fu cantato l'inno solenne del ringraziamento.

 IL FIGLIO IN AMERICA 

Antonio Bernardo di Foca e di Maddalena Sgromo, emigrato in America, per dodici lunghi anni non diede più nuove di se alla famiglia‑Gli afflitti genitori e specialmente la povera madre, dopo inutili ricerche temevano giustamente di qualche disgrazia. Però la povera madre che lo aveva accomiatato nel nome di Maria Immacolata non si diede requie ne notte ne giorno e a calde lacrime pregò incessantemente la Vergine, dinanzi al suo Sarto Simulacro, per avere qualche notizia o segno che la consolasse. Ecco pertanto che una notte in America, mentre il figlio immemore dormiva a fianco della consorte Teresa Veneziano, una voce portentosa lo scuote e lo ammonisce di scrivere ben presto alla madre‑ Credette di sognare ma al ripetersi per due altre volte della intimazione, svegliò         la       moglie narrandole l'accaduto, e alzatosi scrisse alla mdre inviandole denaro e chiedendole perdono, nonchè   promettendole di scrivere ogni mese, ciò     che fedelmente mantiene da dieci anni. La madre scrive tutto ciò al l'intercessione dell'Immacolata, ad è una zelante e pia sorella della congrega.

 ANCORA DALL’AMERICA

 Elisabetta Gugliotta fu Domenico, sorella della Congregazione dell'immacolata vivente in America con la figlia colpita da grave da grave  malattia, fu abbandonata dai medici e ridotta in fin di vita, quando un'interna voce le si fece sentire: fa un voto alla Vergine Immacolata di Curinga e sarai guarita. La pia Elisabetta pregò la Vergine promettendo sostenere tutte le spese per la Festa dell'8 dicembre. Oh meraviglia: migliorò all'istante e con stupore dei medici e ben presto perfettamente guarì e vive vegeta e sana. Nel 1918, come risulta dal libro della Congrega, soddisfece il suo voto sostenendo tutte le spese non indifferenti per la Festa del giorno 8 dicembre‑

 L’EREMITA FRA ANTONIO MICELI  DA CARAFFA DI CATANZARO

 Povero, bisognoso, in giovane età, solo al mondo, questo pio eremita se ne venne a cercar lavoro in Curinga lasciando il suo lontano ed alpestre víllaggio. Trovò buone persone che si interessarono perché fosse accolto come custode della Chiesa del l'Immacolata. Vestito un modesto saio, si apparecchiò  un'umile celletta nelle stanze  interne della Chiesa, e nel servizio costante e preciso dei             suoi doveri, nell'esercizio eroico di ogni cristiana virtù  vivendo di elemosina, esempio continuo all'intero paese. devotissimo all’Immacolata, umile, dedito a continue preghiere, pronto ai servizi del prossimo, spirò nell'umile celletta, che non volle lasciare, nel 1895 in buon odore di santità. Il suo cadavere fu trovato                       intatto dopo parecchi anni dalla morte: un curioso nel toccarlo rudemente ne fece cadere la carne. La memoria del pio eremita, santificatosi ai piedi della Vergine Immacolata, è viva tuttora nel paese e tutti lo ricordiamo nella sua modestia e nella sua virtù, che uno strascico luminoso ha lasciato in mezzo a noi. Più fatti prodigiosi si narrano da testimoni degni di fede accorsi al buon eremita per concessione benigna di Maria Immacolata.

Ne narrerò qualcuna

Un giorno nel cuore dell'inverno Frate Antonio era andato elemosinando più per esercizio di umiltà che per necessità, poichè i paesani, una famiglia per giorno, gli apprestavano il desinare che spesso condivideva e portava ai poveri. Si era allontanato assai dal paese avviandosi a Caraffa suo luogo natio. Nel gìorno piovve a dirotto. Nel pomeriggio, dovendo ritornare a Curinga per sonar le campane per la funzione serotina della Chìesa dell'Immacolata, di cui teneva la chiave, giunto alle sponde del fiume Pesipe, nei pressi del Comune di Cortale, lo trovò ingrossato talmente che il guado era impossibile e alcuni sassi che facevano da ponte erano stati travolti dall'impetuosa corrente. Il meschino, vedendo che il ritorno era impossibile, si querelava e rammaricava perchè nessuno avrebbe potuto aprire la sua Chiesa diletta, suonar le campane e quindi la cara Madre sua, l'Immacolata, non avrebbe avuto il quotidiano ossequio con dolore e scandalo dei fedeli. Cosi rammaricandosi, alcuni villani che eran lungo la prateria delle rive del fiume, si facevano beffe di lui, quando il meschino, alzati gli occhi al Cielo, prese a dire: "Vergine Immacolata, chi aprirà la tua Chiesa ? Chi suonerà le campane per chiamare i tuoi figli devoti alla preghiera in tue onore ? Come potrà il  Sacerdote, come potranno i fedeli entrare nel tuo Santuario senza di me ? Oh Vergine potentissima, aiutami, fa che io possa passare questo fiume impetuoso e giungere in tempo.

 

Vedi, Annetta è quasi ora della preghiera.

Ecco che una nobile, e dignitosa Fanciulla, mai più vista, apparve all'improvviso. I villani non risero più. Gli domandò di che si doleva ed egli, ingenuo Com'era, le narrò il perchè del suo affanno. Sorrise dolcemente la Divina apparizione e con la destra virginia presolo pel bavero dal lacero saio scomparve con lui agli sguardi dei villani stupefatti. Egli non seppe come fosse stato, ma all'improvviso si trovò nella contrada Ospizio alle prime case di Curinga e fece giusto in tempo ad aprire la Chiesa e suonar le campare. In un ístante aveva percorso più miglia, attraversato fiumi e torrenti, percorse un cammino di due ore. Fu constatato questo miracolo e si trovò esatto nei minimi particolari. Distinto prodigio che ha riscontro nella  Santa Scrittura con quella del Profeta Abacue. preso dalla Giudea dal vertice del capo dall'Angelo e portato a Babilonia a recare il cibo al Profeta Daniele posto due volte nella fossa dei leoni (Daniele XIV‑32‑36) e in quello del Profeta Ezechiele (Ezechiele VI11‑3). Felice eremita, a cui la fede e la devozione all'Immacolata meritarono un si grande portenti

 Un di   il nostro Frate Antonio era andato ad elemosinare fra i campagnoli. Vide in un luogo ombroso delle erbe verdi e tenere e delle foglie consimili  credette fossero talli di zucca. Ne riempì la sua bisaccia entro la              quale aveva una grossa tabacchiera ricolma di tabacco da fiuto avuta in dono. Dopo le solite funzioni della sera, essendo il tempo incerto, non si recò ad accattare il suo pranzo dalla Famiglia             di turno. Posto nel povero focolare un calderello, quando l'acqua bolliva, versò in essa la sua bisaccia senza neppure lavare e               mondare quelle erbe. Quando la vide cotta ne mangiò condendole col solo sale. Ma postosi nel duro giaciglio ecco che grandi dolori gli lacerano il ventre con spassmi terribili. Frate Antonio si era inconsapevolmente avvelenato; quelle erbe erano venefiche, erano cicute e di          più, nel versare la bisaccia, anche l'abbondante riserva di tabacco era caduta nella pentola ed aveva bollito e ribollito con le erbe. In preda a strazi lancinanti e capogiri, dapprima esce a cercare         aiuto come impazzito.Corre nella notte e sentendosi morire grida a gran voce alla Vergine che lo salvi. Non fu sorda la buona Madre; alle preci dell'avvelenato suo servo; rispose con un    prodigio i dolori cessarono all'istante, un gran vigore l'invase, si senti fresco e gaio in un fiato e con sorpresa di tutti potè mostrare i resti del suo pasto velenoso che avrebbe ucciso anche un bue‑ 

Un giorno il nostro Frate Antonio si era recato presso la marina alla cerca di olio per la Chiesa. Nel frantoio a ruota idraulica del Sig .... gli fu negato. Egli rivoltosi al Cielo esclamò­"Vergine Santa, tu ben sai che non cerco per me, ma per tenere accese la tua lampada. Coloro che erano nel trappeto, irritati lo scacciarono villanamente. Il buon eremita silenzioso si allontanò. Ma ecco che all'istante il macchinario del trappeto si ferma. Il Sig .... e gli altri credettero spezzati gli ingranaggi, ma esaminata attentamente la macchina e il canale dell'acqua, non trovarono nessun guasto. Si sforzarono inutilmente dì rimettere in moto il pesante macchinario, ma invano. Allora ben compresero : corsi dietro all'eremita lo scongiurarono di ritornare al trappeto per una abbondante elemosina. Sulle prime egli si rifiuto, facendo intendere come con Dio, che non fu mai avaro con nessuno; bisogna essere generosi. Al fine commosso dalle preghiere si recò di nuovo nel frantoio e dopo avere avuto una copiosa elemosina pregò: "Vergìne Immacolata, questi vostri servi non vi hanno negato l'oblazione per cattiveria. Riconpensali ora di ciò che ti hanno offerto abbondantemente" .

Non aveva finito di pregare che il macchinario ricominciò il suo moto da per se, senza essere toccato, con stupore e contentezza di tuttì. Di apparizioni e favori della Vergine Immacolata al suo gran divoto se ne contano parecchi, ma mi dispenso dal narrarli essendo comuni a rinvenirsi nelle vite dei Santi.  La memoria del pio uomo insieme a quella dei prodigi dell'Immacolata operati per suo mezzo 

IL REVERENDO ARCIPRETE CARUSO

 Durante l'infierire dell'epidemia di febbre spagnola questo nostro solerte, Pio e dotto Sacerdote che da molti anni è Padre Spirituale della Congrega e gran divoto di Maria Immacolata, con sacrificio superiore ad ogni elogio, con slancio di vero Pastore, pronto a dar la vita per il suo gregge; solo, in una Parrocchia di oltre 5000 abitanti, non posò ne notte ne giorno per lungo tempo, per assistere e confortare i morenti, benedire cadaveri, condurli al   Cimitero. Consìgliato a precauzioni, egli non dette ascolto e continuò indefesso nell'esercizio diligente e costante del suo ministero. Non più giovane, soggetto a qualche malanno, egli non curò se stesso prodigando la sua energia a pro di tutti i colpiti. Ma un brutto giorno ecco la febbre spagnola impossessarsi pure di luì, e con tanta veemenza che fu ridotto agli estremi. Le cure affettuose e fraterne del Dr. Serrao non valsero a farlo migliorare: in preda a continui deliqui, perduta la coscienza, se ne temeva la morte fra la costernazione universale. Un giorno ebbe un momento di lucidità. Guardò vicino al capezzale un'immagine dell'Immacolata. Le si rivolse con fiducia dicendole : Vergine benedetta, io ho sempre zelato per il tuo culto ed il tuo onore! Non è il mio timore della morte e disubbidienza ai Divini Voleri, ma ti scongiuro per amore del mio gregge che in questi tempi procellosi, di guerra, di miserie, di lutti, rimarrebbe senza Pastore: benignati concedermi la salute! " ‑ Pregato, tosto si assopì. Dopo tante notti insonni fu il primo sonno e il principio del miglioramento‑ Sì svegliò assai migliorato e guarì ben presto con stupore e contentezza di tutti‑ Continuò cori fervore a zelare il culto dell'Immacolata. 

CALVIERI GIUSEPPE FU G. BATTISTA

 Calvieri Gìuseppe fu G. Battista, tuttora vivente, era in America e lavorava sui binari di scambio per una linea ferroviarìa. Un giorno, all'improvviso, due treni in senso inverso si avvicinarono a grande velocità. Si vide perduto poichè tra i due binari ancora provvisori non v'era posto per una persona. Certo di rimanere schiacciato, invocò a gran voce la Vergine‑ I Treni passarono veloci, ma egli nemmeno se ne avvide‑I compagni di lavoro, che con raccapriccio avevano assistito allo spettacolo, rimasero stupefatti di trovarlo sano ed incolume tanto da poter riprendere indisturbato il lavoro.

 BURAGINA PIETRO FU DOMENICO

 Buragina Pietro fu Domeníco, dopo alcuni anni di lavoro in America, si era formato una discreta posizione‑ Per invidia alcuni suoi emuli incominciarono a perseguitarlo sotto mille forme‑Tra l'altro scrissero un giorno dall'America alla famiglia in Curinga che il loro Pietro era perito schiacciato da un treno, tanto che delle ossa si era potuto appena fare un piccolo cumulo. La famiglia addolorata prese il lutto e non poteva darsi pace. Senonchè la sorella Francesca, fervente Congregata, sembrò avere dei dubbi‑ Ne parlò con i suoi che ricorsero ad una santa donna, Teresa Carchedi, assai stimata in paese per le sue virtù, perchè pregasse Dio a voler far conoscere se realmente il loro congiunto fosse perito. Ma la pia donna rispose che nessuno meglio della sorella del presunto morto, Francesca , avrebbe potuto intercedere presso la Vergine per una rivelazione. La buona Francesca. allora di 45 anni, si dette a pregare fervidamente, quando un giorno, nel pomeriggio, affacciatasi alla finestra di casa sua, prospiciente alla Chiesa dell'Immacolata, nel dolore che l'angustiava, si rivolse alla Vergine dicendole:‑Vergine Immacolata, Voi sola potete dare  tregua al nostro affanno; degnate di farci sapere qualche cosa. "Ecco all'improvviso una luce smagliante farsi sull'alto del campanile di destra della Chiesa ed in mezzo ad essa, splendente e bella, la Santissima Vergine Immacolata come è nella Statua, recando nelle mani virginee l'Ostensorio della Chiesa con entro, tra raggi brillanti, l'Ostia Sacrosanta, facendole comprendere che suo fratello viveva. Stupefatta la buona Francesca chiamò la Carchedi che era in casa sua indiziandole la visione. La Teresa si avvide dello stupore della sua amica alla quale la visione non dispariva ogni qualvolta dalla finestra mirava la Chiesa. La Francesca certa che il fratello viveva gli volle telegrafare. Se ne sparse rumore nel vicinato fu presa per pazza, poichè affermava che suo fratello era vivo basandosi sulla visione. Ma tutti dovettero ricredersi, compreso il confessore, allor quando giunse dall'America una lettera del fratello che era vivo e vegeto e che nessun pericolo aveva corso, tanto che pochi giorni fece ritorno in Curinga, dove vive ancora riverito e rispettato.

 CORRADO ELIA FU PIETRO

 Corrado Elia fu Pietro in un giorno del 1921 cadde in un burrone e a tarda notte fu ritrovato da alcuni che andavano a rintracciarlo, in fin di vita per commozione cerebrale. Le condizioni peggiorarono in modo che giunto agli estremi suo fratello, Arciprete di Acconia, gli recitava le preci dei morentí. Era la terza domenica di ottobre, quando si solennizza la Festa del l'Immacolata ‑ Quando la Statua della Vergine passò dinnanzi alla sua casa, l'Arciprete si affacciò per offrire un voto dal balcone della stanza dove stava il morente. Al l'improvviso il morente aprì, gli occhi, riebbe la coscienza e ben presto guari.Riguardandosi per pochi giorni, mentre era domenica e stava a scaldarsi, udì chiaramente una voce che gli disse: "Questa sera, nella  Chiesa dell'Immacolata ti uscirà in sorte l'abitino della Congrega ‑ Sorpreso tacque e aspettò fiducioso Dopo la funzione in chiesa invano attese che qualcuno gli portasse l'abitino. Disturbato, al fratello Arciprete che lo interrogava, non volle dire la cagione. Ma al mattino una donna, Cherubina Minucci, tuttora vivente, gli portò l'abitino che, affettivamente la sera prima gli era uscito in sorte. Allora palesò lo strano fatto della voce che aveva inteso.

 BIANCA ELIA FU FRANCESCANTONIO

 Nel 1904, il Sig. Elia Bianca fu F.Antonio, si trovava gravemente infermo con broncopolmonite. Il figlio Amato, dolente per il sempre crescente timore per la perdita del padre, stanco da tre giorni di assistenza e di fervide preghiere, fu vinto dal sonno e si assopi. Ecco che la Vergine Immacolata gli si presenta nel sogno e lodando la sua pietà filiale lo assicura della guarigione del padre. Difatti, sebbene avesse già il rantolo della morte, il Sig. Elia Bianca guarì e vide, padre fortunato, progredita la famiglia e un figlio Sacerdote, ora Cappellano M. nel Duomo di Nicastro

 GIAMPA’ VINCENZO FU PIETRO

 Il Sig‑ Vincenzo Giampà fu Pietro, fervente congregato, nel giorno 8 dicembre del 1922, fu costretto durante le funzioni della sera a lasciare la Chiesa e recarsi alla sua abitazione‑ Nel traversare un suo magazzino, una botola che copriva il pozzo assai profondo e dalle pareti lisce in cui usualmente si conserva il grano, si sprofondò al suo passaggio ed egli cadde nel pozzo vuoto. Indolenzito, nel buio, spaventato, non trovava modo come uscire e barcollava in cerca di un appoggio per arrampicarsi, ma gli era impossibile. Si rivolse allora all'Immacolata perchè l'aiutasse e mentre tentava di aggrapparsi in qualche modo, una spinta misteriosa lo fece trovare salvo ad incolume fuori del pozzo. Egli ascrive all 'intercessione dell'Immacolata questo aiuto repentino e con il fervore di perfetto congregato dimostra continuamente la sua riconoscenza.

 CONCLUSIONE

 L, catena dei prodigi, conosciuti e ignoti, operati dalla Vergina Immacolata in Curinga, non ha mai termine. Ben piccola cosa è quello dei fatti su narrati in relazione a quelli accaduti. Ma riteniamo che esso sia sufficiente a dare una idea del potente legame esistente fra la Madre Divina e i suoi devoti fígli  della Congregazione.

Fatti inverosimili diranno gli spiriti feriti; fatti certi diciamo noi e suffragati da secolari tradizioni e confermati da mille testimonianze. Chi non è digiuno di agiografia, non resterà meravigliato. Valgano per tutte le famose apparizioni del grosso cane " il Bigio" che salvò più e più volte il nostro Venerabile Don Bosco. Si legga la sua mirabile vita: infiniti testimoni sono vivi. Si percorrono i processi per la canonizzazione e si rimarrà stupefatti. Anzi il bravo  “Bigio" è comparso e comparisce ancora, anche in America ed altrove, per salvare da pericoli e da morte i discepoli e i devoti del Venerabile: sono fatti oramai usuali: E così anche il serpente in Curinga compie in altro modo una missione. Dio permise al demonio di servirsi del serpente come strumento esteriore nella tentazione dei protoparenti; e il demonio ben comprese che nessuna bestia era più adatta al suo fine perverso, quanto questo rettile schifoso, che per scaltrezza ed astuzia sembra partecipare delle umane malizie,

Ma una donna gli avrebbe schiacciata la testa superba: che se Eva si fa sedurre, Maria Immacolata lo debbellò. Ipsa conterest caput tuam (Gen. Cap iii – 15)  Essa schiaccerà il tuo capo. E il serpente insidiatore, nella Mariana Iconografia è sotto i piedi dell'Immacolata‑ Bella relazione! quegli che tentò gli sciagurati progenitori, è schiavo della Senza Macchia ed Essa par che voglia intimargli: "Va ubbidisci! Tu perdesti i primi parenti, ebbene, impedisci ai miei devoti con la bruttezza del tuo aspetto, di mancarmi di ossequio rispettoso nelle mie feste. Felici gli uomini se sapessero comprendere gli avvisi materni di María. Dinanzi a qualunque peccato dovrebbero temere l'aspetto del serpente, per non giacere eternamente tra le spire  infernali. Revela oculos meos et considerabe mirabilia: Signore, togli il velo dinanzi agli occhi miei, e comprenderò le tue meraviglie.

E non si rida di certe apparizioni provate: ogni creatura o forma di essa può servire all'Onnipotente per i suoi fini santissimi ed imperscrutabili‑

 Dottor Sebastiano Serrao

Priore della Congregazione

 

 

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